Ma per chi credi che scriva?!
Un palco è solo una scusa
per venirti vicino,
dove un alibi non arriva
e la tua anima si riposa.Notturno per voce sola
(musica e parole di Roberto Frugone)
Nell’ottavo episodio del podcast Petali nella burrasca, conversando con Federico Luciani (autore, attore e regista teatrale), abbiamo presentato Notturno per voce sola, una canzone pubblicata in Appunti di viaggio, il mio album di debutto come solista cantautore (1996).
La conversazione ci ha condotto anche stavolta ad approfondire diversi temi (forse è proprio questo il bello della canzone d’autore e dello strumento podcast): l’omaggio a Chopin e alla figura dell’artista romantico in dialogo e dissidio con sé stesso racchiusa nello stesso titolo, le infinite declinazioni della dimensione forse più umana di tutte, quella dell’amore, e una ricorrente riflessione sull’arte per l’arte e sulla forza dirompente del dialogo autentico.
Gli ascoltatori del podcast troveranno, al termine della puntata, la versione originale del brano, incisa a Lavagna da Enrico Pianigiani.
Buon ascolto!
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NOTTURNO PER VOCE SOLA
(Musica e parole di Roberto Frugone.
Tutti i diritti riservati ® S.I.A.E.)
Ma chi ti da il diritto di crearmi così tanti guai?
Come le piaghe d’Egitto tu passi, infilzi e te ne vai,
ed io non ho armatura,
né libri sui trucchetti del mondo e della natura.
Per questo il mio cuore in bancarotta
assomiglia così tanto a una falena
che vola, si brucia e si scotta
e da sempre confonde la luna
col chiaro di una lampadina,
accesa come questo notturno per voce sola.
Ma per chi credi che scriva?!
Un palco è solo una scusa
per venirti vicino,
dove un alibi non arriva
e la tua anima si riposa.
E adesso mettiti nei panni
di un ponte spezzato mille volte
dai venti di questi anni,
che spalancano pian piano le porte
della mia vita a forma di glicine,
che si arrampica sul muro lungo la vertigine,
su terre molto più concrete
delle lande desolate dei cantori
di quest’epoca, che non ha più sete,
né sorgenti, solo acque minerali.
Ma ora siediti e raccontami i tuoi giorni
e insegnami a percorrere il tuo viaggio
per cantarlo ancora.
Perché io qualcosa ce l’ho da dire,
senza effetti speciali:
lo stupore di una presenza
rende veri i miei colori, i miei incontri.
Fra loro te, quello che mi manca,
che non può darmi nessuno:
un volo di falena stanca
sul retro dei tuoi occhi,
sul nascere di te.
Dove rispondono le domande,
dove rimetti in gioco ogni tua idea,
dove non ti lasci vivere,
dove non applaude la platea,
dove tutto è ancora tutto da inventare,
dove vivere è scommettersi un destino:
ti aspetto lì, stasera.
MUSICISTI VERSIONE ORIGINALE IN STUDIO (1996)
- Roberto Frugone – voce, tastiere, programmazione e chitarra elettrica
DA UNA CANZONE UN’INDAGINE SULL’IO, L’ALTRO E L’AMORE, COME IN UN NOTTURNO DI CHOPIN
Roberto: «Notturno per voce sola è, in estrema sintesi, una canzone d’amore, che come in tantissimi altri casi, prende spunto dall’idea di dedicare a una persona qualcosa che essa ispira, per proseguire da lì con un’indagine introspettiva su sé stessi, sul sentimento che si vive, e sulla condizione che in quel momento si sta sperimentando.
Notturno per voce sola racchiude già nel titolo tutte queste suggestioni, inoltre, il notturno è implicitamente una citazione dei Notturni di Fryderyk Chopin, le formidabili composizioni del grande autore romantico polacco, caratterizzate da profonda intimità, liricità ed estrema malinconia. Questo pianista, definito anche il “poeta del pianoforte”, per me è sempre stato un mito: amo molto la musica di Chopin e questa canzone rappresenta in qualche modo un tributo alle sue composizioni più celebri.
La seconda parte del titolo – per voce sola – spiega forse già da sé l’ulteriore componente di intimità solitaria al contempo desiderosa di un coinvolgente incontro con l’altro che questa canzone vuole esprimere: questo pezzo è un percorso, dal punto di vista testuale, esplorativo della dimensione della solitudine e della ricerca della relazione con l’altro».
“TU PASSI, INFILZI E TE NE VAI”: ATTRAVERSATI DALL’AMORE
Federico: «Anche in questa canzone d’amore riutilizzi, come abbiamo già visto in Bucaneve e in altri brani della tua produzione, il verbo “infilzare”, dell’essere trapassato:
Ma chi ti da il diritto di crearmi così tanti guai?
Come le piaghe d’Egitto tu passi, infilzi e te ne vai,
ed io non ho armatura,
né libri sui trucchetti del mondo e della natura.
L’amore è davvero qualcosa che ti attraversa: quest’immagine che ricorre nelle tue canzoni e ci fa capire l’importanza di essere attraversati dall’amore, che non è solo un bisogno tuo, ma in cui alla fine ci riconosciamo in tanti».
Roberto: «Il sentimento amoroso, che non è solamente un’emozione ma costituisce una dimensione profonda ed essenziale della persona, credo sia fonte di ispirazione per la stragrande maggioranza delle opere d’arte del mondo. Non vorrei essere frainteso o forzare i modelli ispirativi di tutti gli altri artisti, però sicuramente il tema amoroso è stato percorso in modo molto ampio da tutte le arti perché l’amore è questa “cosa” così sorprendente, così spontanea, così profondamente umana e allo stesso tempo così sconvolgente.
Pertanto quell’essere infilzati a cui ti riferisci è un’immagine per rendere il profondo sconvolgimento emotivo, mentale e fisico che la dimensione del sentimento amoroso provoca dentro di noi».
FALENE, LUNE E LAMPADINE
Federico: «In questo pezzo usi anche un’altra immagine forte, accanto a quella dell’amore che infilza e trapassa: la metafora della falena, che si lega bene con il tema della canzone.
una falena
che vola, si brucia e si scotta
e da sempre confonde la luna
col chiaro di una lampadina
accesa come questo notturno per voce sola
Eccola, quella voce sola alla ricerca dell’altro che si ritrova nella propria fragilità».
Roberto: «La falena, la farfalla attratta dalla luce e che l’indomani troviamo puntualmente senza vita ai piedi del lampione, è secondo me una delle immagini per eccellenza per dire questa fragilità, e io mi sento proprio come quella falena “che vola, si brucia e si scotta e da sempre confonde la luna col chiaro di una lampadina.”
Ecco, questa è un’esperienza che, a distanza di tanto tempo, mi sento di condividere con l’autore di questo pezzo – cioè il sottoscritto! -, sentirsi fragili nel passare dell’esistenza, alla ricerca di punti fermi di riferimento e di chiavi interpretative del reale. E nello stesso tempo, per me, l’amore continua a essere qualcosa di profondamente incomprensibile, sconvolgente e sublime nell’esperienza umana, che davvero continua a stupirmi nelle sue manifestazioni e sembra essere qualcosa che va davvero oltre l’uomo.
Un gesto d’amore, o una vita spesa per un grande amore di qualunque forma, sia esso una relazione sentimentale oppure filiale, genitoriale o di amicizia, è sconvolgente. Ed è altrettanto sconvolgente esplorarla, questa dimensione dell’amore, che secondo me è l’umano per eccellenza: esplorare l’amore è un’attività per me foriera di moltissima ispirazione per la scrittura oltre che di molte riflessioni personali».
IL PIANO UMANO E QUELLO DEL PALCOSCENICO
Federico: «Nella citazione con cui abbiamo introdotto questa puntata, metti in primo piano la vicinanza umana e in secondo piano l’arte intesa come palcoscenico. Qui si vede ancora di più il perché profondo della tua scrittura, che è sì creare, ma insieme a quel gesto intessere relazioni:
Ma per chi credi che scriva?!
Un palco è solo una scusa
per venirti vicino,
dove un alibi non arriva
e la tua anima si riposa.
Ovvero, io non sono solo la facciata, quello che vedi esteriormente, colui che vedi sul palco e che vuole mostrare agli altri cosa sa fare, ma dietro quella facciata c’è qualcosa di invece più intimo e necessario, direi, c’è la necessità di arrivare a qualcuno».
Roberto: «Certo, qui, come in altri brani c’è quell’idea del “tu” come “alterità”. Raggiungere l’altro che hai di fronte: il palco, per un musicista, così come per un attore, è davvero questo. Senza l’altro, il palco perde di significato, senza qualcuno che l’ascolti una canzone ha poco senso…»
L’ARTE PER L’ARTE
Federico: «Sono d’accordo in parte con quest’ultima affermazione: è vero, nel senso che, per quanto riguarda ad esempio il mio campo della scrittura teatrale, essa presuppone una messinscena con un pubblico, attraverso gli studi sono arrivato anche alla convinzione che l’arte, anche da sola, senza essere fruita, ha il suo senso e la sua importanza di esistere».
Roberto: «Sono perfettamente d’accordo con te, infatti il mio discorso di poco fa merita un ulteriore chiosa: il primo ascoltatore, “l’altro” sono innanzitutto io stesso, e fare arte è salutare e necessario prima di tutto per me. Quell’alterità necessaria, e necessariamente da raggiungere, sono prima di tutto io, che scrivendo, suonando e cantando dialogo con me stesso in una sorta di “alterità interna“, se possiamo così definirla».
LA FORZA DIROMPENTE DEL DIALOGO AUTENTICO
Federico: «Un vero e proprio mettersi allo specchio».
Roberto: «Sì, si tratta di un dialogo nel senso etimologico del termine, ovvero dialogo non inteso come un conciliante mettersi d’accordo per concludere a tarallucci e vino un confronto e omologare posizioni diverse in nome di un facile irenismo che vorrebbe tutti allineati e in pace.
Secondo me il dialogo non è assolutamente questo: in filosofia il concetto del dia-logos di opinioni contrapposte che però si confrontano è importantissimo. Il dialogo è lo scambio reciproco nel mantenimento di posizioni diverse.
E quando tutto questo accade anche nella propria interiorità è ancora più sorprendente: dare diritto di cittadinanza, sia dentro di sé che di fronte agli altri, a diverse opinioni che coabitano e dialogano (e che appunto non si stringono necessariamente la mano né al contrario si scannano, ma che sicuramente si confrontano) è a mio avviso quanto di meglio posso esprimere attraverso la produzione artistica».

DOVE ASCOLTARE IL PODCAST
Il podcast Petali nella burrasca è disponibile gratuitamente su Spreaker.com ed è distribuito su tutte le principali piattaforme di ascolto, tra cui Apple Podcast, Spotify, Deezer, Podcast Addict e Google Podcast.
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